Essere bambini ai tempi del Covid-19
La scuola è un momento evolutivo fondamentale nella vita dei bambini, a scuola imparano a socializzare, imparano a mettersi in gioco, imparano le difficoltà, iniziano a riconoscere i propri limiti, è insomma un vero e proprio palcoscenico performativo.
L’uomo è un animale sociale (Aristotele, IV secolo A.C.)
L’importanza dell’altro è tangibile e concreta fin dalla prima infanzia; il bambino piccolo senza interazione con chi si prende cura di lui non riesce a crescere, non riesce a maturare, vi è uno stallo enorme che in casi molto gravi si manifesta con conseguenze estremamente penose.
Queste considerazioni sono state tratte a seguito di innumerevoli osservazioni effettuate su bambini orfani istituzionalizzati fin dalla nascita, esposti dunque a una grande deprivazione dei caregiver.
Gli studi di René Spitz sono stati i primi a dimostrare sistematicamente che le interazioni sociali con gli altri esseri umani sono essenziali per lo sviluppo dei bambini.
Tali premesse sono estremamente importanti alla luce di quanto accaduto in questi ultimi mesi; mesi in cui si è parlato di argomenti che ci hanno toccato da vicino in modo significativo: si sono succedute notizie riguardanti molteplici ambiti strettamente legati tra loro tra cui sanità, salute, economia, Europa, lavoratori, vaccini, quarantena e quant’altro.
In questo drammatico scenario che si è venuto consolidando in questi giorni avvolti dall’oscurità ma che sembra adesso via via lasciare spazio a un flebile raggio di sole, molte questioni sono state relegate in secondo piano.
Per citarne alcune, l’isolamento e l’impatto che questo evento sociale così drammaticamente forte può aver avuto sui bambini; non è uno scenario di poco conto.
Bambini abituati a stare in mezzo agli altri, ad andare a scuola, ad avere giornate scandite da innumerevoli attività, bambini le cui vite erano all’insegna di una sana iper-stimolazione, si sono ritrovati a dover completamente modificare il loro status in una direzione diametralmente opposta alla precedente, che si potrebbe quasi dire sconosciuta e ignota.
Dopo l’ingegnosa soluzione trovata, parzialmente, per molte delle attività preponderanti nella vita di costoro, come la didattica a distanza, a cui va riconosciuto sicuramente il merito di averli avvicinati alla tecnologia e aver modernizzato nuove modalità lavorative; è tuttavia importante provare a chiedersi e riflettere anche sul tipo di impatto che tali nuove modalità possano avere sulle loro vite, sulla loro socialità nonché sulla loro psiche.
La nuova cosiddetta scuola a distanza è una soluzione “tecnica” e sicuramente efficiente per quanto concerne gli aspetti più prettamente pratici della questione ma tutto ciò è imbevuto anche di molta difficoltà da parte di bambini e ragazzini che si devono mostrare agli altri attraverso lo schermo di un computer, per quanto si possa pensare che essendo giovani siano più vicini alla tecnologia in realtà per molti non avere un rapporto vis-a-vis con l’altro può essere fonte di ansia e angoscia.
La scuola è un momento evolutivo fondamentale nella vita dei bambini, a scuola imparano a socializzare, imparano a mettersi in gioco, imparano le difficoltà, iniziano a riconoscere i propri limiti, è insomma un vero e proprio palcoscenico performativo. Innumerevoli sono, oggigiorno, le richieste della scuola ma sono tollerabili se affrontate di persona, attraverso lo schermo di un computer la percezione cambia, viene meno quel senso di sicurezza dettato anche dalla sensazione via via maggiore di non aver controllo sulla situazione che ora diviene sempre più “virtuale”.
L’attenzione diventa flebile, non è facile mantenerla in un contesto in cui anche gli stimoli familiari sono estremamente alti.
Per i più “grandi” che il prossimo anno si accingono ad iniziare una scuola nuova con compagni e insegnanti differenti il pensiero di questo inizio con didattica a distanza, per alcuni è fonte di preoccupazione, non dimentichiamoci che si trovano in una fase evolutivamente critica, come riportato anche da Erikson è la fase dello sviluppo della propria identità in cui si ha l’ingresso nel mondo sociale e un distacco dalla propria famiglia (per poi farvi ritorno in seguito), fase in cui si definisce il proprio Sé in base ai ruoli sociali e al confronto coi pari e ciò diventa proibitivo con la modalità della didattica a distanza in quanto tutta la soggettività di ognuno viene filtrata e riflessa dallo schermo di un computer.
La situazione per i bambini più piccoli non sembra essere molto più rosea, alcuni non hanno nemmeno avuto la possibilità di ripartire con la tanto nominata didattica a distanza e soprattutto adesso che uno spiraglio si è aperto, non si è ancora ripensata una soluzione utile per far ripartire attività più strettamente sociali come centri estivi e servizi educativi così tanto cari ai bambini che molti di loro passano l’anno in attesa che arrivi nuovamente l’estate per rivedere e riabbracciare i loro amici del campo estivo.
La difficoltà di ripensare spazi e attività nuovi è forse un po’ intrisa anche di paura legata alla possibilità di fare qualche “passo falso” e rendere vano ogni sacrificio, ma credo che sia utile ascoltare in modo empatico quelle che sono le necessità e i desideri dei bambini e ragazzini facendo risuonare il “nostro bambino interiore”, per poter aiutare a rendere questa situazione un nuovo inizio ben ripensato, felice e sereno per tutti quanti.
Una nuova realtà, migliorata perché dettata dall’ascolto empatico verso i bisogni e i desideri dell’altro in una direzione di bene comune.