Emozionalità della Quarantena
L’isolamento forzato a cui siamo stati sottoposti è stata una grande sfida emotiva.
Quello che stiamo vivendo è uno scenario di certo non sconosciuto alla storia, ma sicuramente alieno e distante dalle vite di tutti di noi.
La società del benessere ci impone una grande pressione sociale, dove viene posto al centro di tutto la performance dell’individuo, in particolar modo nelle società capitalistiche dove la competizione sociale è estremamente alta.
Le nostro vite sono pertanto piene, inghiottite dal lavoro ogni giorno, dove il tempo assume tratti così rapidi e veloci che sembra seguire leggi nuove, le giornate sono così intense da non avere più spazio per sentire o pensare nulla di altro.
Questo modo di vivere richiede energie, richiede tempo, sacrifici ma comunque si va avanti per rispondere alla domanda sociale a cui siamo chiamati ogni giorno, congelando tutti quelli che possono essere i risvolti e le conseguenze emotive sulla psiche di una tale frenesia del “competere”.
Nella nostra vita non c’era spazio per le emozioni.
Anche nella routine del tanto bramato week-end si affoga lo stress della settimana in molteplici e innumerevoli attività: apertivi, cene con gli amici, serate in discoteca, ancora una volta le nostre emozioni profonde vengono dissolte in alcool o in altre attività che si prendono il nostro tempo. Ancora una volta il nostro stato emotivo viene relegato sullo sfondo di qualche serie tv che probabilmente risuona insieme a noi e ci soddisfa per questo, senza sapere bene ciò che si prova.
Poi di ritorno il tanto temuto lunedì mattina e i social sembrano essere una grande panacea di lamentele comuni in cui poter trovare un po’ di riscontro e rispecchiamento con l’altro, appellandoci al nostro sentire emotivo colorato di stress e stanchezza da condividere con l’altro.
In tutto questo però manca qualcosa, manca lo spazio per l’essenza delle nostre emozioni, così tanto indaffarati a raggiungere obiettivi ogni giorno che poi ci si scolla dai propri stati emotivi che vengono talvolta “congelati”: non c’è tempo per il nostro sentire, non ci sono neppure le energie per poter sentire perché si è impegnati in ben altro. Siamo in un certo senso istruiti al non-sentire per non perdere di vista l’obiettivo della scalata sociale.
L’isolamento forzato a cui siamo stati sottoposti è stata una grande sfida emotiva.
D’improvviso non si ha più niente da fare, nessun obiettivo da rincorrere, addirittura ci viene imposto il contrario: fermarci, per cosa? Per il bene collettivo e allora si, c’è un altro obiettivo, opposto però al precedente. Non dobbiamo più correre per accaparrarci il miglior posto nella competizione della scalata sociale ma fermarsi per un fine di benessere collettivo.
Questa nuova realtà generata dal virus è stata come un getto d’acqua gelato addosso, una doccia fredda poiché siamo passati da una vita frenetica a rincorrere obiettivi socio-economici, ad un momento di stallo improvviso e scoraggiante, inondati di tutto quel tempo che sembra essersi ora fermato e di tutte quelle energie che prima erano così vaghe e lontane. Le reazioni a questa nuova fase della nostra esistenza sono state molteplici e diversificate seppur tuttavia seguendo un filo conduttore.
Si sono attraversate diverse fasi correlate plausibilmente ai propri stati emotivi per cui la prima difesa in risposta a questo stop forzato è stata quella di provare a perseverare nella modalità a noi più familiare con il vano tentativo di rimanere aggrappati alla routine anche dentro casa, in isolamento; pertanto ecco che i più si mettono alla scoperta di nuovi talenti, si cimentano in una moltitudine di attività nuove, si danno delle regole anche dentro casa, ancora l’importanza di darsi una continuità e una routine in questa fase per non perdere i ritmi sociali che ci caratterizzavano.
Questa situazione ha elicitato diverse risposte difensive in vari stadi della sua evoluzione: dalla paura all’incertezza fino ad arrivare alla rabbia e oltre.
Non siamo allenati allo stare insieme alle nostre emozioni e questo isolamento in un certo senso ci ha costretto a questo.
Ci siamo riavvicinati al nostro sentire più vero e di conseguenza anche al sentire delle altre persone, in un modo più o meno discordante.
Tanti avvicinamenti, ma anche tanti allontanamenti perché, si, in questa fase ci siamo riappropriati dei nostri spazi intimi e personali dopo un iniziale frenesia ci siamo arresi alle nostre vicissitudini interiori.
Ci siamo riappropriati della nostra paura, della rabbia, dell’incertezza e ciò ha avuto un’eco molto forte nelle nostre case, siamo arrabbiati, siamo spaventati e molto altro ma alla fine una cosa forse è abbastanza chiara: ci siamo uniti e compresi nelle nostre emozioni più vere poiché emotivamente abbiamo risuonato all’unisono.